Auguri per la nuova libreria, perché non è solo una libreria. Si tratta di una nave spaziale che ti porterà fino agli estremi confini dell’universo, una macchina del tempo che ti porterà in un lontano passato e in un futuro lontano, un insegnante che ne sa più di ogni essere umano, un amico che ti divertirà e consolerà – e soprattutto, un ponte, per una vita migliore e più felice e più utile.
Isaac Asimov
Nel 1978 pensammo ad uno spazio culturale nuovo ed alternativo sul nostro territorio che avesse presenza di libri, producesse idee e fosse momento di aggregazione: insomma, forse, una libreria. In parecchi ci sconsigliarono:
“Aversa non è pronta”, “Ad Aversa non si legge”, “Siamo in provincia” e così via immaginando una serie di ostacoli con cui poi realmente ci saremmo scontrati. Era una sfida con le abitudini, con le contraddizioni dell’area aversana, con la visione della cultura molto elitaria, di ambiti ristretti, forse un po’ ottocentesca, schiacciata da Napoli e le sue contraddizioni, terra di mezzo tra il casertano e il napoletano. Una sfida che, ci dicono, abbiamo vinto con tenacia e lungimiranza. A resistere non è stata solo un’azienda che si è confrontata anche con la logica del mercato, pur selettivo, ma una libreria moderna, riferimento di dibattiti e interculturalità, d’orientamento critico, di promozione di piccole e medie case editrici, attiva nel variegato mondo dell’associazionismo, luogo di incontro e socialità. Una struttura presente non solo nei settori che gli competevano per affinità come scuole e università.
Nati come Centro di Documentazione nell’autunno del ’78, in pochi mesi maturammo la scelta della libreria con spazi espositivi aperti al pubblico che abolisse il banco divisorio e che proponesse oltre la novità anche testi di approfondimento, aree di specialistica che stimolassero crescita di interessi diversi e una particolare cura ai piccoli editori.
Ci inventammo così librai, pagando anche lo scotto della non conoscenza del settore, delle tendenze, dello sbilanciamento di presenze di editori di una certa caratteristica piuttosto che altre e infine dell’incombente presenza dei servizi della metropoli, ma abbiamo sempre lavorato con sana consapevolezza dei nostri limiti, ma in continua crescita arricchendo i ventagli delle offerte con nuove proposte.
La ristrutturazione dei locali nel 1990 ci ha permesso di sperimentare una attività di promozione che veniva praticata solo dalle storiche librerie, gli incontri con gli autori sono diventati il nostro marchio di qualità facendoci così uscire dall’anonimato. Il numero delle iniziative ormai è considerevole: dalle mostre fotografiche a quelle del fumetto, all’incontro con l’autore; sono quasi più di cento gli eventi che hanno caratterizzato i nostri trent’anni.
Di diverse nazionalità settanta ospiti hanno dato corpo a questo lungo percorso. Poeti serbi, statunitensi, svedesi e israeliani, economisti cubani, baschi e brasiliani, storici sudafricani hanno affiancato saggisti, critici, politici, fotografi, romanzieri, registi, giornalisti, magistrati, urbanisti e missionari italiani (scultori, pittori, attori, registi e architetti) hanno dato valore alla nostra utopia.
Affinando nel frattempo le nostre capacità da librai possiamo affermare di aver contribuito a rivalutare un mestiere antico che si contrappone alla logica del libro-merce. Quindi libraio come soggetto attento, non solo ai desideri e alle curiosità della clientela, ma anche tesi ad un rapporto umano, di fiducia, di scambio di conoscenze e ricerca comune sull’amico libro. Abbiamo acquisito competenze e rinnovate prospettive che ci permettono di capire lo spazio universitario dando valore strategico alla presenza delle due facoltà cittadine di ingegneria e architettura, con cui tessiamo relazioni.
Obiettivi raggiunti? Con noi è cresciuta un’area intellettuale che produce idee, e che con il suo spessore culturale, se non emigrerà ancora, definirà parte del futuro della nostra città. I nostri primi trentacinque anni sono stati una pregnante avventura, un percorso a volte accidentato, ma vario e integrante e l’ininterrotto flusso di curiosi che gira tra i nostri banchi e scaffali sono un tangibile segno di vivacità.
Oramai (r)esistiamo da più di 40 anni e abbiamo lasciato impronte senza alzare polveroni.
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