In occasione dei 35 anni della Libreria, lo scrittore Luigi Carrozzo ci ha inviato un bellissimo contributo sulle Librerie Indipendenti… come mongolfiere.
Ecco il video:
In occasione dei 35 anni della Libreria, lo scrittore Luigi Carrozzo ci ha inviato un bellissimo contributo sulle Librerie Indipendenti… come mongolfiere.
Ecco il video:
Quest’oggi vogliamo condividere per la sezione “Dicono di noi” una poesia di una persona che ha avuto il pensiero di citarci tra i versi!
Buona Lettura!
RAPSODIA AVERSANA
Guardando basilisco venenoso
lo so isguardare face l’om perire…
Jacopo da Lentini
Uff, ohi quanta burbanza!
Quanta algosa barba verdastra!
Sono mille anni ormai
di strafatta retorica ed io voglio
semplificarla questa storia
e raschiar via croste e scaglie!
Mi infastidisce l’esotico
invaghimento che affligge
il mio paese natìo.
Ovvia tenetevi le vostre ubbie,
crapuloni normanni,
ehm… quanta fasullagine!
Dove vanno errando gli spettri
dei tuoi conti stranieri, Aversa?
In qual diroccati castelli
tra le nebbie svaniti
del rio tempo che fu?
E oggi? Ti ritrovi un museo
di antichità scompaginate
tra le vie sommerse nello smog
e fra i ricalchi del cemento;
arida al par d’inospite iddio!
E voi, Muse aversane,
accompagnate gli stravaganti
versi col girovago suono
dell’organetto di Barberia,
che nei meriggi assolati
udivo perdersi mesto e annoiato
nel dedalo delle stradine!…
* * *
Oh, le vecchie cose! le vecchie case!
Vagava per le strade sporche,
sui lastrichi malridotti e vacillanti
della rovinata contea,
stremato dai morsi voraci
delle mosche e dell’esotiche
ziiinzzzalae, anch’esse invaditrici
e, ancor più, suggenti pungitrici!
Non era un redivivo normanno
né rimpiangeva il passato,
se non per l’antico, compatto
e saldo lastricato.
Là, qualche giardino superstite
ridente ancor d’ agrumi nel sole,
limoni e mandarini;
trascurata, nell’ombra,
un’ ortensia languiva.
Vagava per viuzze ascose;
ivi degli inverni dura il sentore
e il musco intride le vecchie mura
del decimo terzo… del decimo sesto…
del diciottesimo?… ah, i secoli!
Da incuria svilite, quelle mura,
più che dal mazzafrusto dei venti,
intricate nel tufo dei secoli
offeso da rozze geometrie
in uniforme di cemento!
Vagava… tra ombre onerose
prone nell’inane preghiera,
sotto la muraria rigidità
delle torri campanarie.
Non era un redivivo normanno
né rimpiangeva il passato:
campanili, tonache,
prelatizie berrette,
ecco l’eredità dei barbari,
w la Breccia di Porta Pia!
* * *
Ah, quanti vicoletti
gremiti d’ombre remote…
Quando la pioggia ne lustra il basalte
le vedi specchiarsi e flottare
in quelle lastre brunite, oh, le ombre!
Ancora spavaldi i portali
catalani! Le finestrelle,
i vetusti architravi,
una bifora sperduta lassù,
premuta nel moderno ciarpame.
Seriose, le monasteriali
monofore di Santa Maria de Platea,
calate le palpebre d’ombra,
se ne stanno in disparte, fissate
all’antico stile romanico
da un mistico tocco d’oriente.
Il castello di Ruggero e San Biagio,
via Madonna delle Nevi
con la cappella sconsacrata:
in quali lontani inverni
oh! qui le nevi posarono
insolitamente tanto candore?
Via Monserrato, via Drengot,
via Conte Riccardo, via Santa Marta…
Scorso tutto il medioevo
non lasciò le ricordanze spagnole;
quel quartiere tracciato a fil di squadra,
strade diritte, strade latine…
Vi tese l’orecchio a ispaniche voci,
andaluse, basche, catalane?
Nulla! Ma propinqui gli giunsero
echi risorgimentali:
parole d’ordine, inni, fanfare!
Via Solferino, corso Bersaglieri,
piazza Crispi, piazza Magenta
e ancora, toh! la via Magenta.
nella stretta dell’eroica pugna
tra le baionette incastrata
una fantastica Taberna Libraria,
la “ LIBRERIA QUARTO STATO ” !
Permettiamo a lui di indugiarvi,
lasciamolo un po’ riposare,
ché in questa Taberna c’è forse
il sunto del variegato percorso.
Avete udito quella ispida voce?
Ein Gespenst geht um in Europa
Das Gespenst des Kommunismus…
Vi figurate, squadre d’ operai
con berretto e fusciacca?… Nulla
di tutto ciò; solo, lì, avventori
borghesi! E, la quintessenza
del marx-leninismo, il dogma
classista? E il materialismo storico?…
Ascoltiamo una singolare voce
che non ha cadenza normanna,
la voce della leva leninista:
“Sette giorni, dodici ore: non si vive più a lungo.
E brevi sono le ore e piccola la misura
del calendario…”
“Qui da noi le parole più profonde
diventano abitudine,
invecchiano come i vestiti…”
i versi del fiero suicida!
Con lirica foga Maiakovski
scatena le sue parole d’ordine;
il martello batte l’incudine,
ritmi di fucina da fabbro,
nero fumo e baglior di faville…
E invero, l’alacrità dei suoi fabbri
vantava un tempo questa città!
Accogliente l’ottocento librario!
E il libraio? Una figura
di onesto cospiratore.
Sorprendente! Un Carbonaro
in medaglione a cifra tonda
e aggiungete altresì una punta
di sostenuto rigor calvinista!
Frattanto, e in sottofondo,
un fruscio di falce che fende il fieno…
Ma sicuro! C’era una volta
gente contadina tra queste mura
“normanne”, e anche dapprima
e fino alla sua tarda gioventù,
quando scomparve la bella campagna
con gli alti pampini dell’ uva asprigna.
Fischiava allora la falce
laggiù nei campi assolati
e qui, tra le mura, tuonava percossa
dal fabbro l’incudine, mentre
cavava trucioli la pialla
e ne versava in giro la fragranza.
Anche lui fa le sue compre:
classici latini, poi greci ed altra
merce reazionaria e retriva. Come!…
Alla “ LIBRERIA QUARTO STATO ” ?
E via, sfuggite il pregiudizio,
ché la libraia, attenta e cortese,
gli porge i volumi con la flemma
d’una mite dama romana!
Non vi smarrite in congetture,
non è il racconto di una seduta
spiritica, né siete sul set
d’un film dell’extra-normale;
non è qui che incontrerete
le ombre di Hébert o di Babeuf,
né le ciocche ricciolute di Marx
né tanto meno il fantasma di Mao,
siete semplicemente alla
“ LIBRERIA QUARTO STATO ”
sulla soglia del ventunesimo secolo!
Ancora il fruscio della falce
e il ritmo che picchia sull’incudine
nei versi de Il Poema di Lenin…
“Stagni di lacrime sulla terra,
torbidi stagni di sangue…”
“Solitari sognatori
cercarono soluzioni in assurde utopie;
filantropi si ruppero il capo
contro l’aspra durezza della vita…”
E ancora Marx detta il Manifesto:
Das Gespenst des Kommunismus…
Sulle mura della Taberna ,
travolgendo le scansie dei libri,
scorrono corpose sagome
di omerici cavalli parlanti
nel muto racconto del cineasta
sovietico, l’immaginoso Dovcenko…
“correte, correte!…corriamo…
non v’accorgete
che corriamo come il vento?…”
ormai trapassati, anzi remoti,
volati via come il vento!
* * *
Dalla scismatica bottega
venendo sulla via
non c’è l’antico muro a fronte!
Chiudeva quel muro il giardino
che nella calda stagione
l’eroica mischia inondava
d’un profumo di gelsomini.
Vergati da mano severa
i desolati versi
giova qui riportare…
“Sulle oasi di palme soavi
s’addensano macchie scure…”
E ancor, vale aggiungere,
del moloc smodata è la brama;
d’ ingorde ganasce oggi
sono fabbriche i municipi!
Fronda o fior non procura il profitto,
e pur le gloriose vestigia
con i marmi degli avi
sfigura il cemento, importuno
con il suo squamoso grigiore!
Là, in quella Taberna,
forse l’ultima sala
delle aversane memorie,
d’ogni storica vanità
fornito è il compendio.
di Alvaro Tespaneo