In occasione dei 35 anni della Libreria, lo scrittore Luigi Carrozzo ci ha inviato un bellissimo contributo sulle Librerie Indipendenti… come mongolfiere.
Ecco il video:
In occasione dei 35 anni della Libreria, lo scrittore Luigi Carrozzo ci ha inviato un bellissimo contributo sulle Librerie Indipendenti… come mongolfiere.
Ecco il video:
Nell’aggiornare il sito vi proponiamo due racconti che ci sono piaciuti dell’ultima edizione di “Sul Ring col Morto”, uno per il respiro narrativo proposto dalla giovanissima autrice Serena F.di 10 anni, e l’altro per la capacità di sintesi drammaturgica di Cipriano Pagano.
Racconto 1
The Twinsdoll
di Serena F., 10 anni
Lizz sorrise stanca alla zia maledicendo in tutte le lingue che conosceva sua madre. Insomma, aveva sedici anni! Possibile che la madre non si fidasse a lasciarla un week-end a casa da sola? Certo doveva badare alla sorella, ma la sua amica Betany, che aveva due anni meno di lei, badava sempre a suo fratello quando i genitori andavano fuori.
Lilian, la sorella minore di Lizz, sorrideva allegramente alle storie buffe che sua zia le raccontava, lei adorava quella donna a differenza di Lizz. Lizz considerava la vecchia zia Marie completamente fuori di testa, forse perché parlava con gli oggetti, o anche perché era assolutamente sicura che il suo gatto Felix avesse predetto la morte del signor Jamerson grazie ai suoi sensi felini e poi glielo avesse riferito. Lizz comunque credeva,anzi, ne era certa, che fosse molto più sicuro lasciare Lilian a lei e non a zia Marie.
«E queste?» Lily mostrò alla zia due bambole identiche fra loro «queste cosa dicono?» Marie le prese in mano e rimase in silenzio qualche secondo poi, stringendo gli occhi, emise un sibilo.
«Sono nate parecchi anni fa, le ha create una bambina che non aveva amici, una bambina che veniva considerata inferiore perché paragonata sempre ai suoi cinque fratelli. Le ha costruite mettendoci l’anima e, a lavoro terminato, ha chiesto alle bambole di rimanere sempre unite affinchè siano più forti unite».
Lily fissava la zia con sguardo assorto «Povera bambina» disse guardando con gli occhietti blu pieni di rammarico le due bambole «Però non ha fatto un ottimo lavoro, sono tutte rovinate!» Lilian afferrò una delle due bambole dalla mano della zia portandola vicinissima al viso. Non le aveva mai osservate attentamente, ma ora che ci faceva caso le due bambole non erano poi così belle: avevano un occhio marrone e uno verde, una mano più piccola dell’altra e una scarpa gialla e l’altra rossa, però erano assolutamente identiche fra loro.
«Oh… all’inizio erano perfette, me l’hanno detto loro» sospirò allora la zia.
«Poi che è accaduto?» Lily fissò la vecchia zia piena di curiosità e si avvicinò alla donna per sentire meglio.
«Un giorno uno dei fratelli della bambina la picchiò e le disse che lei era pazza, ed era la rovina della famiglia. La bambina piangendo abbracciò le bambole continuando a ripetere di non essere pazza ma di essere assolutamente normale, tanto quanto i fratelli. La mattina dopo, al suo risveglio, le bambole avevano qualcosa di diverso: entrambe avevano un occhio castano. Il fratello della bambina fu trovato riverso in una pozza di sangue, non aveva più gli occhi» la voce di Marie si era fatta lugubre.
«Ora basta!» Lizz,che aveva seguito la storia svogliatamente, si era alzata dal divano e aveva strappato anche l’altra bambola dalle mani della zia.
«Queste sono solo bambole e non parlano! Lilian, metti il pigiama e fila a letto» la bambina, tremante, si alzò dal pavimento e diede la bambola a Elizabeth.
«Queste tienile tu stasera» disse prima di filare in camera sua.
«Non dovresti trattarle così» Lizz fissò la zia con sguardo severo.
«Lilian ha solo otto anni, non avresti dovuto raccontarle questa stupida storia, stanotte non dormirà bene!»
Marie sospirò poi si alzò dalla poltrona.
«Rimetti le bambole nella camera di Lilian, è lei la proprietaria ora» Lizz sbuffò poggiando le bambole sul divano.
«No, stanotte rimarranno in soggiorno, grazie alla tua simpaticissima storia mia sorella non le vorrà più tenere» disse, dopo aver scoccato un’altra occhiata alla zia e si diresse su per le scale alla ricerca della sorella.
«Lily̶» disse accarezzando la testa bionda della bambina «zia Marie è pazza, non darle retta! Sai come dice Kirsty “zia Marie non è sola, ha le voci della pazzia che l’accompagneranno sempre”» disse Lizz tentando di calmare la sorella che, spaventata stringeva spasmodicamente un peluche.
«Ma anche Kirsty è strana, ha diciotto anni e parla con i suoi vestiti!» disse Lily.
La cugina delle ragazze effettivamente parlava con i vestiti, ma non perché fosse pazza, solo perché aveva visto davvero troppi telefilm!
«Vabbè, adesso dormi» le scoccò un bacio sulla fronte poi, dopo essere uscita dalla camera e aver chiuso la porta, andò a dare la buona notte anche alla zia, che per quella sera avrebbe dormito nella camera degli ospiti.
«Zia io vado a letto, mamma arriva alle nove domattina» Marie annuì e sorrise alla nipote.
«Notte Lizz»> disse chiudendo la porta della sua camera.
“Strana” si ritrovò a pensare la bionda.
***
Lizz si svegliò di soprassalto e si ritrovò a fissare la sveglia che indicava 4:09.
Sbuffando si tirò a sedere sul letto, poi decise di scendere al piano di sotto, il sonno era passato.
Si diresse in cucina per bere un bicchiere d’acqua fresca dopodiché si andò a buttare stanca sul divano del soggiorno.
Maledicendo tutto e tutti, si passò una mano sul fianco dolorante, si era seduta su quella stupida bambola di porcellana! L’afferrò e la gettò con poca cura sulla poltrona alla sua destra, poi cominciò a tastare il divano intorno a lei per trovare anche la gemella, senza risultato.
Sospirando accese la televisione abbassando il volume al minimo per non svegliare nessuno, poi prese a guardare un orribile film drammatico.
***
Lizzie.
Lizzie.
Aprì di scatto gli occhi trovandosi circondata dal buio, doveva aver fatto cadere il telecomando e la televisione doveva essersi spenta. Si alzò dal divano e guidata dalla memoria accese la lampada che si trovava alla sua destra.
Il telecomando si trovava sul tavolino dove lei aveva l’abitudine di poggiarlo. Che strano!
Si ritrovò a pensare.
Scosse la testa e fece per tornare al piano di sopra ma quasi cadde riversa a terra, era inciampata in quella stupida bambola di porcellana! L’afferrò e si girò per appoggiarla sul divano vicino alla gemella.
«Ma che…?» vuoto, il divano era completamente vuoto. Lizz sentì una leggera brezza scompigliarle i capelli, peccato che la finestra fosse serrata.
Il respiro divenne affanno, si affrettò a salire le scale e si fiondò nella sua stanza chiudendo la porta.
Sto impazzendo!
Si stese nel letto rigirandosi un paio di volte. Soffocò un urlo e si affrettò ad alzarsi e a uscire dalla camera.
Quella stupida bambola era sul comodino della stanza di Lizz con quegli occhietti vitrei e quel sorriso inquietante. Lizz schizzò fuori dalla porta e si diresse a passo spedito verso la stanza della sorella minore, provò ad aprire ma la porta era chiusa a chiave, corse allora alla porta della camera della zia; stessa cosa.
Lizzie, è inutile fuggire.
Elizabeth si pietrificò e si girò, al centro del corridoio le due bambole di porcellana la guardavano sorridenti stringendosi la mano.
«ZIA» Lizz,cominciò a battere forte i pugni sulla porta della camera della vecchia zia Marie «ZIA,AIUTO!» dentro la stanza qualcosa si mosse e la maniglia della porta fece per abbassarsi.
«ELIZABETH,CHE SUCCEDE? LA PORTA NON SI APRE» Lizz sentì gli occhi pizzicare al suono di quelle parole. Lasciò perdere la porta e fuggì nuovamente al piano di sotto senza guardarsi indietro. Arrivata in soggiorno afferrò la vecchia mazza da baseball del padre e cominciò a guardarsi intorno.
Lizzie, a noi non piace giocare!
Sentì quella voce agghiacciante a un palmo dall’orecchio e agitò la mazza nel vuoto, ogni secondo che passava sentiva il cuore martellare sempre più veloce nel petto.
«Che volete da me? Io non ho fatto niente!» disse al nulla, continuando ad agitare la mazza da baseball in aria.
Un fruscio la fece scattare verso la porta, sollevata scoprì che almeno quella d’ingresso poteva aprirsi, allora si mise a correre,avrebbe trovato qualcuno per strada disposto ad aiutarla; erano le sei del mattino in fondo.
Corse, corse a perdifiato e la prima persona che arrivò a soccorrerla fu scossa da un urlo agghiacciante.
***
Oggi, 2 novebre,alle ore 6:12 è stato rinvenuto il cadavere della sedicenne Elizabeth Ann Miller, trovata riversa a terra all’incrocio della XXIII strada. La ragazza è stata rinvenuta da un vicino che è stato attirato da grida, la vittima presenta lesioni multiple su tutto il corpo, i capelli le sono stati rasati e il pigiama che indossava è stato strappato in più punti. La zia e la sorella hanno affermato di aver sentito Elizabeth urlare questa notte e di aver provato ad aiutarla, ma entrambe non sono riuscite ad intervenire per l’improvviso blocco delle serrature delle porte delle loro camere.
Si attendono verifiche della scientifica per verificare se sul corpo della vittima vi sono tracce del DNA dell’ assassino.
***
«Grazie zia, ma sono un po’ grande per giocare con le bambole»
Kirsty sorrise falsamente, ringraziando sua zia Marie e stringendo al petto quelle inquietanti bambole dai boccoli biondi.
«Trattale bene mi raccomando! Altrimenti si arrabbiano eh» sorrise la zia, la ragazza fece un sorrisino tirato e si allontanò.
La vecchia Marie allora cacciò una foto stropicciata dalla tasca del giubbino, c’erano lei, sua sorella Sophie, suo fratello Mark e i gemelli James e il compianto Andrew. Sorrise sghemba e prese a pensare, la povera Lizz aveva dei capelli degni di una bambola, Kirsty invece aveva dei capelli orribili, però aveva una bocca meravigliosa.
Kirsty si rigirò le bambole fra le mani e guardo la zia sorridere a vuoto.
Era proprio pazza.
Racconto 2
La Parentesi
di Cipriano Pagano
«Il vino aveva fatto effetto – disse Lucy – ora dovremmo essere al sicuro, ora dovrebbe essere chiaro che cosa accadrebbe se uscisse fuori».
«Non possiamo evitare tutto questo… – propose George – ho ancora i brividi. Dovevamo starne fuori ,dovevamo tenere al sicuro quella cosa! Mamma lo diceva sempre: non svegliatelo di giorno, il sole lo fa imbestialire. Ora non è solo. Dio, Dio, Dio. Perchè lasciasti Satana sulla terra?» prendendo la bottiglia sorseggiò tremante. Prese la parola l’altra nella stanza: «Stuzzicare la cosa lì dentro è stato un errore, mai avrei creduto che fosse cosi forte, non ci credo che rinchiuso in quel modo avesse la forza di prendere Mel, dopo tutto questo tempo. Il suo sguardo mi da’ ancora i brividi». Frida si passava le mani sul volto, lavando via un’immagine che non voleva sparire.
«Ti sei sporcata la faccia. Frida di chi è quel sangue, da dove viene?».
Frida si guardò le mani ed erano sporche, unte di rosso «Di chi è questo sangue?». Lucy e George la fissavano accusandola. «No, ragazzi vi prego non mi fissate». Lucy e George si avvicinarono a Frida, lei intenta a fissarli esclamava: «No vi prego ragazzi, siamo amici da tempo, non potete farmi questo, sono anni che siamo assieme, una stupida serata non può rovinare tutto».
«Noi siamo… – si intromise Lucy – Noi siamo costretti a sopravvivere, e per questo che stiamo insieme ai cari malati. Ci mancherai tanto». I due si avventarono su di lei, presero a colpirla all’addome e al volto, impiegarono diversi minuti a bloccarla: «In fondo farai compagnia a mio fratello e a Kyle».
Come loro solito versarono il vino nella mangiatoia presente in un angolo buio della stanza e due figure dalla pelle bianca sgattaiolarono fuori.
«Come faremo ora, cosa diremo ai Nostri?»
«Diremo che non c’era altra soluzione. Non potevamo permettere il ritorno di altri come Loro. Capiranno…».
Quest’oggi vogliamo condividere per la sezione “Dicono di noi” una poesia di una persona che ha avuto il pensiero di citarci tra i versi!
Buona Lettura!
RAPSODIA AVERSANA
Guardando basilisco venenoso
lo so isguardare face l’om perire…
Jacopo da Lentini
Uff, ohi quanta burbanza!
Quanta algosa barba verdastra!
Sono mille anni ormai
di strafatta retorica ed io voglio
semplificarla questa storia
e raschiar via croste e scaglie!
Mi infastidisce l’esotico
invaghimento che affligge
il mio paese natìo.
Ovvia tenetevi le vostre ubbie,
crapuloni normanni,
ehm… quanta fasullagine!
Dove vanno errando gli spettri
dei tuoi conti stranieri, Aversa?
In qual diroccati castelli
tra le nebbie svaniti
del rio tempo che fu?
E oggi? Ti ritrovi un museo
di antichità scompaginate
tra le vie sommerse nello smog
e fra i ricalchi del cemento;
arida al par d’inospite iddio!
E voi, Muse aversane,
accompagnate gli stravaganti
versi col girovago suono
dell’organetto di Barberia,
che nei meriggi assolati
udivo perdersi mesto e annoiato
nel dedalo delle stradine!…
* * *
Oh, le vecchie cose! le vecchie case!
Vagava per le strade sporche,
sui lastrichi malridotti e vacillanti
della rovinata contea,
stremato dai morsi voraci
delle mosche e dell’esotiche
ziiinzzzalae, anch’esse invaditrici
e, ancor più, suggenti pungitrici!
Non era un redivivo normanno
né rimpiangeva il passato,
se non per l’antico, compatto
e saldo lastricato.
Là, qualche giardino superstite
ridente ancor d’ agrumi nel sole,
limoni e mandarini;
trascurata, nell’ombra,
un’ ortensia languiva.
Vagava per viuzze ascose;
ivi degli inverni dura il sentore
e il musco intride le vecchie mura
del decimo terzo… del decimo sesto…
del diciottesimo?… ah, i secoli!
Da incuria svilite, quelle mura,
più che dal mazzafrusto dei venti,
intricate nel tufo dei secoli
offeso da rozze geometrie
in uniforme di cemento!
Vagava… tra ombre onerose
prone nell’inane preghiera,
sotto la muraria rigidità
delle torri campanarie.
Non era un redivivo normanno
né rimpiangeva il passato:
campanili, tonache,
prelatizie berrette,
ecco l’eredità dei barbari,
w la Breccia di Porta Pia!
* * *
Ah, quanti vicoletti
gremiti d’ombre remote…
Quando la pioggia ne lustra il basalte
le vedi specchiarsi e flottare
in quelle lastre brunite, oh, le ombre!
Ancora spavaldi i portali
catalani! Le finestrelle,
i vetusti architravi,
una bifora sperduta lassù,
premuta nel moderno ciarpame.
Seriose, le monasteriali
monofore di Santa Maria de Platea,
calate le palpebre d’ombra,
se ne stanno in disparte, fissate
all’antico stile romanico
da un mistico tocco d’oriente.
Il castello di Ruggero e San Biagio,
via Madonna delle Nevi
con la cappella sconsacrata:
in quali lontani inverni
oh! qui le nevi posarono
insolitamente tanto candore?
Via Monserrato, via Drengot,
via Conte Riccardo, via Santa Marta…
Scorso tutto il medioevo
non lasciò le ricordanze spagnole;
quel quartiere tracciato a fil di squadra,
strade diritte, strade latine…
Vi tese l’orecchio a ispaniche voci,
andaluse, basche, catalane?
Nulla! Ma propinqui gli giunsero
echi risorgimentali:
parole d’ordine, inni, fanfare!
Via Solferino, corso Bersaglieri,
piazza Crispi, piazza Magenta
e ancora, toh! la via Magenta.
nella stretta dell’eroica pugna
tra le baionette incastrata
una fantastica Taberna Libraria,
la “ LIBRERIA QUARTO STATO ” !
Permettiamo a lui di indugiarvi,
lasciamolo un po’ riposare,
ché in questa Taberna c’è forse
il sunto del variegato percorso.
Avete udito quella ispida voce?
Ein Gespenst geht um in Europa
Das Gespenst des Kommunismus…
Vi figurate, squadre d’ operai
con berretto e fusciacca?… Nulla
di tutto ciò; solo, lì, avventori
borghesi! E, la quintessenza
del marx-leninismo, il dogma
classista? E il materialismo storico?…
Ascoltiamo una singolare voce
che non ha cadenza normanna,
la voce della leva leninista:
“Sette giorni, dodici ore: non si vive più a lungo.
E brevi sono le ore e piccola la misura
del calendario…”
“Qui da noi le parole più profonde
diventano abitudine,
invecchiano come i vestiti…”
i versi del fiero suicida!
Con lirica foga Maiakovski
scatena le sue parole d’ordine;
il martello batte l’incudine,
ritmi di fucina da fabbro,
nero fumo e baglior di faville…
E invero, l’alacrità dei suoi fabbri
vantava un tempo questa città!
Accogliente l’ottocento librario!
E il libraio? Una figura
di onesto cospiratore.
Sorprendente! Un Carbonaro
in medaglione a cifra tonda
e aggiungete altresì una punta
di sostenuto rigor calvinista!
Frattanto, e in sottofondo,
un fruscio di falce che fende il fieno…
Ma sicuro! C’era una volta
gente contadina tra queste mura
“normanne”, e anche dapprima
e fino alla sua tarda gioventù,
quando scomparve la bella campagna
con gli alti pampini dell’ uva asprigna.
Fischiava allora la falce
laggiù nei campi assolati
e qui, tra le mura, tuonava percossa
dal fabbro l’incudine, mentre
cavava trucioli la pialla
e ne versava in giro la fragranza.
Anche lui fa le sue compre:
classici latini, poi greci ed altra
merce reazionaria e retriva. Come!…
Alla “ LIBRERIA QUARTO STATO ” ?
E via, sfuggite il pregiudizio,
ché la libraia, attenta e cortese,
gli porge i volumi con la flemma
d’una mite dama romana!
Non vi smarrite in congetture,
non è il racconto di una seduta
spiritica, né siete sul set
d’un film dell’extra-normale;
non è qui che incontrerete
le ombre di Hébert o di Babeuf,
né le ciocche ricciolute di Marx
né tanto meno il fantasma di Mao,
siete semplicemente alla
“ LIBRERIA QUARTO STATO ”
sulla soglia del ventunesimo secolo!
Ancora il fruscio della falce
e il ritmo che picchia sull’incudine
nei versi de Il Poema di Lenin…
“Stagni di lacrime sulla terra,
torbidi stagni di sangue…”
“Solitari sognatori
cercarono soluzioni in assurde utopie;
filantropi si ruppero il capo
contro l’aspra durezza della vita…”
E ancora Marx detta il Manifesto:
Das Gespenst des Kommunismus…
Sulle mura della Taberna ,
travolgendo le scansie dei libri,
scorrono corpose sagome
di omerici cavalli parlanti
nel muto racconto del cineasta
sovietico, l’immaginoso Dovcenko…
“correte, correte!…corriamo…
non v’accorgete
che corriamo come il vento?…”
ormai trapassati, anzi remoti,
volati via come il vento!
* * *
Dalla scismatica bottega
venendo sulla via
non c’è l’antico muro a fronte!
Chiudeva quel muro il giardino
che nella calda stagione
l’eroica mischia inondava
d’un profumo di gelsomini.
Vergati da mano severa
i desolati versi
giova qui riportare…
“Sulle oasi di palme soavi
s’addensano macchie scure…”
E ancor, vale aggiungere,
del moloc smodata è la brama;
d’ ingorde ganasce oggi
sono fabbriche i municipi!
Fronda o fior non procura il profitto,
e pur le gloriose vestigia
con i marmi degli avi
sfigura il cemento, importuno
con il suo squamoso grigiore!
Là, in quella Taberna,
forse l’ultima sala
delle aversane memorie,
d’ogni storica vanità
fornito è il compendio.
di Alvaro Tespaneo
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